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Milano, 13 ottobre 2020. La Fondazione Memoria della Deportazione ricorda Italo Tibaldi a dieci anni dalla scomparsa. Italo è stato tra le più grandi figure di testimoni della deportazione, ma anche tra i primi ricercatori e studiosi del fenomeno in Italia. I suoi studi, la sua biblioteca e il suo preziosissimo archivio, che in gran parte conserviamo  in 150 buste e 403 fascicoli costituiscono un passaggio imprescindibile per chiunque si occupi della ricostruzione storica delle deportazioni dall’Italia.

Lo vogliamo ricordare con la lettera che il nostro presidente fondatore Gianfranco Maris gli inviò in occasione dei suoi ottanta anni:

Una lettera di Gianfranco Maris a Italo Tibaldi

Carissimo Italo,

            dunque, compiendo Tu oggi, 16 maggio 2007, 80 anni, nel gennaio del 1944, quando hai varcato il cancello di Mauthausen, ne avevi soltanto poco più di 16.

Un ragazzo !

Che mostrò di sapere scegliere con coraggio, in tempi difficilissimi, la via per difendere la libertà del nostro Paese e, con essa, i principi fondamentali della dignità umana di tutti gli uomini e di tutti i popoli, nella pace, nella solidarietà e nella giustizia.

Il Tuo cuore sicuramente è ancora quello, perché le rughe, anche loro, per la verità, poche, si sono soffermate soltanto sul Tuo corpo.

Le compagne ed i compagni, che Ti hanno conosciuto, Ti amano e Ti stimano per tutto questo, ma,  ancora di più, Ti vogliono bene per tutto ciò che hai saputo fare ed hai fatto con le Tue ricerche per l’ANED, per la Fondazione, per la storia d’Italia e di Europa.

E non è finita, lo so, perché Tu continuerai a lavorare per tutti noi e per la memoria della nostra vita.

E’, questo, nel riconoscimento del Tuo passato e del suo valore, il nostro più caro augurio per tutti e i tanti  giorni che verranno per Te.

Insieme a tutte le compagne ed a tutti i compagni dell’ANED e della Fondazione Ti abbraccio con grande affetto.

Gianfranco Maris

La biografia di Italo Tibaldi

Così Sonia Gliera ricostruisce i momenti fondamentali della biografia di Italo Tibaldi (1927-2010):

1927-1945

Italo Tibaldi nasce a Pinerolo (Torino) il 16 maggio 1927 (1). Dopo l’8 settembre 1943, ancora studente, aderisce alla Resistenza militando come partigiano nelle formazioni di Giustizia e libertà, nella II Divisione alpina, insieme al padre Francesco, che è ufficiale di carriera, operando in val Maira (Cuneese).

Il 9 gennaio 1944, mentre è in missione a Torino, a seguito di una delazione viene arrestato dalle SS e interrogato dalla Sicherheitspolizei all’Albergo nazionale per poi essere condotto al carcere Le nuove di Torino.

A seguito di un’azione dei partigiani contro ufficiali tedeschi le SS deportano, come rappresaglia, alcuni prigionieri, tra cui lo stesso Tibaldi, che parte il 13 gennaio 1944 (trasporto 18) con altre cinquanta persone per il campo di concentramento di Mauthausen, dove giunge il 14 gennaio e dove gli viene assegnato il numero di matricola 42307 e il triangolo rosso di deportato politico.

Due settimane dopo Tibaldi viene trasferito nel Subkommando di Ebensee, una vera e propria anticamera del crematorio, dove viene adibito alla costruzione di gallerie per il deposito di strutture missilistiche; qui rimane diciotto mesi fino alla liberazione del campo il 6 maggio 1945 da parte del 3° Cavalleria meccanizzata dell’armata statunitense, comandata dal capitano Timothy Brennan. I militari trovano il giovane Tibaldi ricoverato al revier per una grave malattia e per il deperimento.

1945-2010

Rientrato in Italia nel giugno 1945, viene ricoverato in ospedale militare dove gli viene riscontrata una Tbc polmonare bilaterale; pesa 36 chilogrammi. Per questa infermità sarà riconosciuto invalido di guerra. Nello stesso 1945 si unisce ad altri deportati superstiti per fondare a Torino l’Associazione nazionale ex deportati politici in Germania fra gli ex zebrati dei campi nazisti di eliminazione, sodalizio originario della futura Aned. Della sezione di Torino diventa in seguito vicepresidente, ricoprendo la carica per diversi anni.

Nel 1949 viene assunto dal Comune di Torino, presso l’ufficio del Gabinetto del sindaco. Riesce a riprendere gli studi e a diplomarsi geometra nel 1955, iscrivendosi poi alla Facoltà di economia e commercio, senza, però, conseguire la laurea. Nello stesso 1955 inizia a dedicarsi alla ritrovamento dei suoi compagni di deportazione, estendendo presto la ricerca a tutti i deportati politici e razziali italiani nei Lager nazisti. Sempre in quegli anni, partecipa, anche, alla realizzazione del monumento italiano ai caduti nel campo di concentramento di Mauthausen, inaugurato il 2 luglio 1955. Dopo il diploma, in Comune passa all’ufficio tecnico dei lavori pubblici per seguire la ricostruzione del teatro regio. Nel 1970 è chiamato alla Regione Piemonte, come capo Gabinetto del primo presidente del Consiglio regionale, poi alla Giunta, diventando capo servizio dell’Ufficio di presidenza e partecipando alla stesura dello statuto regionale.

Sempre nel 1970 partecipa all’assemblea generale costituente del Comitato internazionale di Mauthausen, di cui diventa in seguito vicepresidente e delegato italiano in numerosi avvenimenti internazionali. È tra i propugnatori della legge regionale 2 n. 7 del 1976 con cui viene istituito il Comitato della Regione Piemonte per l’affermazione dei valori della Resistenza e dei principi della Costituzione repubblicana. Nel 1980, per ragioni di salute, lascia Torino e si trasferisce a Vico Canavese (Torino) in Valchiusella.

In quegli anni continua la sua fattiva collaborazione con l’Aned sia di Torino che nazionale, dove viene chiamato a far parte della commissione vitalizio, per occuparsi dell’esame delle domande inoltrate dagli ex deportati e dai loro familiari ai sensi della legge n. 791 del 18 novembre 1980. Proprio in ragione di questo suo impegno, nel 1990 l’Aned nazionale gli affida l’incarico di sollecitare l’iter del disegno di legge sulla reversibilità del vitalizio ai familiari, poi approvata nel 1994 (legge 29 gennaio 1994 n. 94). Il suo impegno politico, nelle fila del Partito socialista italiano, continua anche a Vico Canavese dove viene eletto sindaco nell’agosto 1983. Nell’ottobre 1985 è nominato presidente della Comunità montana Valchiusella.

La sua vita privata continua intanto a essere dedicata alla ricerca e allo studio della deportazione, nello sforzo di ricostruire il numero e i componenti dei trasporti dall’Italia e dai protettorati italiani ai Lager nazisti. I frutti delle sue ricerche sono pubblicati in alcune opere tra cui Compagni di viaggio (1994), La geografia della deportazione italiana in Lager, totalitarismi, modernità. Identità e storia del mondo concentrazionario (2002) e Il calendario della deportazione negli anni 1943 – 1944 – 1945 (2002). Numerosi sono i suoi interventi a convegni e seminari; molte le testimonianze come ex deportato. Dagli anni Novanta fino alla fine continua la sua attività per l’Aned nazionale, nell’ufficio di presidenza, come tesoriere e vicepresidente; è nella commissione Aned ricerche, dove continua la sua opera di ricerca e di compilazione delle liste sostenuto e finanziato dall’associazione, che acquisirà poi gli elenchi. Nel 1999 fa parte anche dei promotori della Fondazione Memoria della deportazione.

Per il suo lavoro di ricerca e per il suo impegno, riceve nel tempo numerosi riconoscimenti: nel 1986 viene nominato Commendatore della Repubblica italiana; nel 1999 il presidente della Federazione austriaca gli conferisce la “Grosse Ehrenzeichen” per benemerenze verso la Repubblica austriaca; nel 2004 il presidente della Repubblica Ciampi gli concede l’onorificenza di Grand’ufficiale della Repubblica italiana; nel 2006 riceve la laurea honoris causa in storia contemporanea da parte della Western States University. “Inoltre, è stato il primo cittadino italiano a ricevere l’importante onorificenza della ‘Croce di Auschwitz’, concessa dal Consiglio di Stato della Polonia, consegnatagli a Varsavia nel maggio 1988”.

Dal 2002 si fanno più intensi i rapporti di Tibaldi con il Dipartimento di storia dell’Università di Torino che nel 2003 chiede la consultazione del suo database, “ritenuto imprescindibile punto di partenza per il gruppo di ricercatori impegnati nella realizzazione scientifica della storia della deportazione nei lager nazisti”. L’opera viene pubblicata nel 2009 con il titolo Il libro dei deportati. Il 17 gennaio 2009 una copia dell’opera viene consegnata dallo stesso Tibaldi al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che si congratula con Tibaldi per il suo costante impegno etico, civile e sociale. Tibaldi muore a Ivrea il 13 ottobre 2010.