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Milano, 10 maggio 2019. Si pubblica il discorso tenuto da Floriana Maris, presidente della Fondazione Memoria della Deportazione e vice-presidente del CIM (Comitato Internazionale di Mauthausen) , tenuto in occasione della manifestazione internazionale in ricordo della liberazione del campo il 5 maggio.

Discorso Mauthausen – 5 maggio 2019

Quest’anno il nostro ricordo ai nostri deportati, ai nostri compagni che hanno combattuto per dare a noi e a tutti i popoli pace, libertà, giustizia, giustizia sociale e solidarietà, ci pone il tema, in vista delle prossime elezioni continentali, dell’Europa, della difesa dell’Unione Europea contro il vento  del sovranismo.

Quali valori vogliamo che l’Europa sia chiamata a proteggere? Quali valori noi vogliamo proteggere? Quali valori i deportati politici di tutta Europa, non soltanto i deportati politici italiani, volevano che fossero il patrimonio culturale dei popoli che si erano impegnati nella lotta contro il fascismo ed il nazionalsocialismo, contro la guerra fascista e nazista, contro le prospettive di quella guerra, quelle di creare una dittatura violenta, razzista, discriminatoria, totalitaria, criminale?

Quei valori che i deportati italiani, francesi, spagnoli, tedeschi, olandesi, lussemburghesi, belgi, cechi, slovacchi, jugoslavi, austriaci, ungheresi, sloveni, greci, albanesi, rumeni e russi, quei valori che i popoli d’Europa  affidarono, a metà maggio del ’45, sulla piazza dell’appello di Mauthausen, ad un giuramento: pace, libertà, democrazia,, solidarietà internazionale promozione sociale, progresso economico, rispetto dei diritti umani, il primato del diritto sulla politica, la costruzione di una società di pari diritti e opportunità per tutti, in cui tutte le diversità fossero riconosciute e rappresentate.

Non certo la conservazione di ipotetici “spazi vitali”, né gli interessi nazionalistici o l’antagonismo tra comunità.

Quando si fomentano paure ed odi irrazionali (lo straniero ti ruba il lavoro, la casa (assistiamo ai pogrom contro i campi rom, al pane loro destinato calpestato, il pane il simbolo della terra e, per la religione cristiana, il corpo di Cristo), ti priva della tua stessa identità, della tua religione, professando il suo culto, stupra le tue donne (Viterbo il 12.04.2019 due militanti di Casa Pound stuprano ripetutamente una giovane donna e filmano la loro prodezza);

quando la xenofobia ed il razzismo diventano nazionalismo-sovranismo, si innescano processi pericolosi e non dobbiamo attendere che nascano i mostri per combatterli.

Dobbiamo costruire nella cultura e nel rispetto della democrazia, con pragmatismo e conoscenza e condivisione dei reali problemi della gente (il lavoro, l’occupazione, le condizioni sociali, la sanità, la scuola, l’ambiente) quelle risposte che corrispondono all’interesse di tutta l’umanità.

Mattarella, celebrando il 25 aprile, a Vittorio Veneto ha detto: “La storia insegna che quando i popoli barattano la propria libertà in cambio di ordine e tutela, gli avvenimenti prendono sempre una piega tragica e distruttiva”.

Salvini – l’homo novus, custode delle tradizioni ma al tempo stesso dissacratore e rivoluzionario con i suoi sarcastici richiami a Benito Mussolini, “il figlio del secolo”, per dirla come Antonio Scurati – invece, ha liquidato con compiacente grossolanità la Resistenza, l’antifascismo, la lotta partigiana, la liberazione nazionale paragonandoli al “derby fascisti – comunisti” e, con disprezzo delle istituzioni e di quella Costituzione su cui ha giurato e che gli consente anche di esprimersi in questo modo, non ha partecipato, come pure gli altri ministri della Lega, alla festa nazionale della Liberazione.

Questo gesto è stato ritenuto (Enzo Collotti) un vero e proprio atto eversivo che colpisce la comunità di valori sintetizzata nella data del 25 aprile.

L’annullamento della storia, della sua attitudine e premessa alla critica del presente, consente il dilagare di comportamenti svincolati da ogni pregiudiziale ideologica ed etica.

Ammoniva Primo Levi: “la dottrina da cui i campi sono scaturiti è molto semplice  e perciò molto pericolosa: ogni straniero è un nemico, ed ogni nemico deve essere soppresso; ed è straniero chiunque venga sentito come diverso, per lingua, religione, aspetto, costume o idee”.

La storia non si ripete, si dice.

Quello che  in realtà arriva non è “il ritorno del fascismo”, quello storico, (anche se secondo lo storico Carlo Ginzburg “il fascismo ha un futuro”; “e si può incarnare in nuove forme, non rifuggendo le antiche”). Ma l’esperienza ancora bruciante del fascismo storico e il riconoscimento della personalità “fascista” ci debbono fornire criteri preziosi all’intelligenza, alla comprensione di ciò che arriva o può arrivare in questo presente confuso e incerto, dove la solidarietà è diventata colpa, dove si è celebrata una festa del lavoro senza lavoro , un valore fatto a pezzi, dove non si fa nulla per fermare il disastro ambientale.

Essere antifascisti è indispensabile, ma non basta.

La Resistenza, la liberazione, la deportazione devono  tornare in piazza, nelle scuole, tra la gente,  per essere memoria del presente non solo nelle giornate deputate dal calendario civile.

Con il venir meno per il passaggio generazionale delle memorie individuali, la memoria collettiva di quanto è costato il prezzo della libertà deve essere sostenuto con ogni impegno dalla lezione della storia e dalla convinzione che nessun progresso è possibile se viene meno il collante della consapevolezza e della solidarietà.

Vorrei concludere queste mie brevi riflessioni con una nota positiva che, però, non deve diminuire la guardia: c’è un popolo in cammino, è il popolo delle magliette rosse, dei giovani, delle donne e degli uomini che manifestano contro l’intolleranza, le discriminazioni, per l’integrazione e per le persone ed i loro diritti, contro il fascismo ed il razzismo (manifestazioni 30.09.2018 “intolleranza zero”; 2.03.2019  “People”, piazza del Duomo a Milano gremita all’inverosimile).

Ci sono giovani che si oppongono alla involuzione culturale e politica che stiamo vivendo, giovani ansiosi di conoscere, capire, scegliere il loro futuro.

Sul balcone di una scuola di Prato gli studenti hanno appeso, in risposta ad una manifestazione filofascista, uno striscione con scritto: “abbiamo studiato, sappiamo cosa è il fascismo”.  Questo, semplicemente  questo. Grande, magnifica semplicità!

Non solo, stiamo assistendo anche in Europa a segnali di cambiamento verso la deriva delle politiche di odio e contrapposizione dei partiti estremisti di destra, contro  la radicalizzazione nazionalista: in Slovacchia ha vinto le elezioni presidenziali Zuzana Caputova, una europeista; in Finlandia, se pur di poco, i socialdemocratici e la Spagna è socialista!

Con il rispetto che questo luogo impone, con l’impegno a cui ci richiama, celebriamo il 5 maggio, la liberazione del campo di sterminio di Mauthausen, l’affermazione del bene sul male, dell’umanità nonostante tutto: mai più un numero, sempre un uomo!