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Chiavenna, 15 aprile 2021 ore 21.00. La Società Operaia Democratica di Chiavenna nel ciclo di incontri Verso il 25 aprile. Ricordare, approfondire, discutere, invita il prof. Massimo Castoldi a parlare del suo libro Insegnare libertà. Storie di maestri antifascisti, pubblicato da Donzelli nel 2018, nella serie della Fondazione Memoria della Deportazione. L’incontro si terrà in occasione del centenario dell’assassinio del primo dei maestri raccontati da Castoldi, Carlo Cammeo, ucciso dai fascisti a Pisa il 13 aprile 1921.

L’incontro sarà in videoconferenza all’indirizzo: https://meet.google.com/yff-ijfx-vjr

 

Parleranno con l’autore:

Maria Antonia Triaca, già dirigente Istituto Bertacchi, Chiavenna

Salvatore La Vecchia, dirigente istituto L. Da Vinci, Chiavenna

 

 

 

 

 

 

 

 

Nel Centenario della morte di Carlo Cammeo

(n.d.r. Le informazioni che seguono sono tratte dal volume di Massimo Castoldi, Insegnare libertà. Storie di maestri antifascisti, Roma, Donzelli, 2018).

Carlo Cammeo. L’assassinio, il 13 aprile 1921

La mattina del 13 aprile 1921 alcune studentesse fasciste, tra le quali l’ebrea Mary Rosselli Nissim, figlia di Pellegrino Rosselli, patriota mazziniano, nella casa del quale era morto Giuseppe Mazzini, e tale Giulia Lupetti, entrarono nella scuola di Cammeo in via Contessa Matilde, bussarono alla porta dell’aula, invitarono il maestro a uscire in cortile. Prima che il maestro potesse rendersi conto di ciò che stava accadendo, lo tennero fermo, per permettere a un gruppo di camerati di sparargli due colpi di rivoltella.

Cammeo cadde ai piedi di un’acacia.

Era nato in Libia a Tripoli nel 1897. Aveva ventiquattro anni.

Gli scolari, che avevano assistito terrorizzati alla scena dalle finestre, incominciarono a piangere e a urlare. Il ferroviere anarchico Cafiero Ciuti, subito accorso, riconobbe tra gli assassini un certo Elio Meucci, studente in farmacia e portò invano il corpo di Cammeo al Pronto soccorso degli Ospedali di Santa Chiara.

Il Meucci fu rinviato a giudizio, ma presto prosciolto.

La Lupetti, figlia del comandante del presidio militare, pochi mesi dopo per i suoi meriti sarà nominata segretaria del fascio femminile. La tipografia del giornale socialista «L’Ora nostra», diretto da Cammeo, fu devastata dai fascisti.

L’ultimo articolo di Carlo Cammeo

L’ 8 aprile sulla prima pagina del suo giornale Cammeo intitolava Vigilia d’armi un articolo nel quale presentava la difficile situazione del Paese, minacciato dal fascismo e dalla violenza, alla vigilia delle elezioni politiche. Ne emerge una sincera speranza che il sogno socialista possa, nonostante tutto, realizzarsi, ma anche una forte preoccupazione sullo scenario internazionale con la profetica affermazione che «la guerra mondiale, l’ultima guerra per la libertà, per il riscatto, per l’autodecisione dei popoli, dimostra di essere soltanto la prima di una lunga serie di guerre che travaglierà ancora l’Europa sanguinante, e che avrà le sue ripercussioni, forse, anche nel lontano oriente, dal quale ci giunge, indistinto ancora, un minaccioso odor di polvere che sta per scoppiare»:

Abbiamo parlato contro le guerre imperialiste, contro le folli imprese apportatrici di sangue, affermando che il predominio borghese non poteva darci che guerre e fame e lutti e dolori. Forse noi stessi non ci aspettavamo con tanta evidenza la manifestazione reale delle cupidigie borghesi.

La Francia reazionaria, crudele e paurosa ad un tempo, grava il tallone sul corpo della Germania devastata.

Subisce la Grecia la meritata lezione dello sfrenato imperialismo dei suoi capi militari. Fremono alle porte dell’Ungheria gli squilli delle trombe guerriere per impedire il realizzarsi della restaurazione degli Asburgo.

Ovunque è pianto, ovunque è strazio inaudito. […] Così la guerra mondiale, l’ultima guerra per la libertà, per il riscatto, per l’autodecisione dei popoli, dimostra di essere soltanto la prima di una lunga serie di guerre che travaglierà ancora l’Europa sanguinante, e che avrà le sue ripercussioni, forse, anche nel lontano oriente, dal quale ci giunge, indistinto ancora, un minaccioso odor di polvere che sta per scoppiare.

E nell’interno?

Incendi, eccidi, devastazioni: sono questi i mezzi di cui una classe ubbriacata dal potere e dalle ricchezze male acquisite si serve per soffocare le aspirazioni delle masse lavoratrici che vogliono spezzare le catene della propria servitù. E così si dimostra, all’interno ed all’estero, l’incapacità delle classi borghesi di continuare a dominare sui popoli.

Ogni giorno che passa, attraverso gli avvenimenti tragici che oscurano la civiltà del secolo in cui viviamo, la borghesia si dimostra sempre più inetta, sempre più turpe, sempre più egoisticamente feroce.

La tomba e la memoria di Carlo Cammeo

Al cimitero ebraico di Pisa si distingue, tra le altre, la tomba del maestro elementare Cammeo: a fianco della sua fotografia è scolpito il simbolo storico del socialismo, la falce e martello posate su un libro aperto, sotto è una lunga incisione con la scritta «Per sicaria mano fascista | cadeva assassinato | il 13 aprile 1921 | Carlo Cammeo | glorificando col sangue | la santità della scuola | e la sua fede | nell’idea socialista | Occhi di bimbi che vedeste morto il maestro | dite agli uomini esterrefatti | quanto amore irradiasse | la mite anima sua | poi con le mani avvinte | ad uno ad uno | promettete o bimbi | che sarete buoni | come lui fu buono». La stessa scritta, con l’integrazione  «La giunta municipale di Pisa | all’alba della libertà | interpretando i sentimenti | della cittadinanza», è incisa in una lapide, posta, ritengo, nel 1945, in via Contessa Matilde sull’edificio della Circoscrizione n. 6, il palazzo dove era la scuola, nella quale Cammeo insegnava e nella quale fu ucciso.

A Milano l’8 gennaio 1922 Gustavo Sacerdote, Claudio Treves e il maestro Andrea Tacchinardi ricordarono Carlo Cammeo in una gremita sala delle statue del Castello sforzesco, a chiusura del Congresso sindacale magistrale. Erano presenti anche il padre di Cammeo e il pisano Giuseppe Ciucci, stretto collaboratore di Cammeo, definito più volte suo «fratello di elezione».

Di lui Giuseppe Emanuele Modigliani scrisse tra l’altro: «Cammeo nostro, tu che fosti maestro, insegnaci a vivere!».