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Milano, 21 aprile 2022. È da oggi nelle librerie il volume Dall’Istituto di botanica al Lager di Ravensbrück. Storia di Maria Arata Massariello (1912-1975), a cura di Lucia Massariello Perelli e Rosa Bianca Finazzi Massariello, con prefazione di Massimo Castoldi (Mimesis, 2022).

 

 

 

 

 

 

 

 

Il libro

Maria Arata nel libro di memorie Il ponte dei corvi, pubblicato postumo nel 1979 (Milano, Mursia), ha descritto la sua terribile esperienza di deportata politica nel Lager di Ravensbrück, dalla cattura al ritorno a casa.

A distanza di quasi cinquant’anni dalla morte, in questo volume viene ricostruita la vicenda della sua vita sulla base di numerosi documenti inediti: la prima giovinezza, segnata dalla persecuzione subita dal padre per la sua fede socialista, la partecipazione alla Resistenza, il ritorno alla vita civile e all’insegnamento, il profondo e duraturo legame con alcune compagne di prigionia, la rete di solidarietà, dopo la liberazione, tra le famiglie in attesa di notizie riguardanti il destino dei loro cari.

Inoltre sono qui pubblicati documenti redatti nello stesso Lager di Ravensbrück, portati in Italia da Maria nel suo fortunoso viaggio di rientro e custoditi finora nell’archivio privato della famiglia.

Dalla Prefazione di Massimo Castoldi:

«Anche per questa capacità lungimirante di rileggere la propria esperienza in una visione globale e superiore, nella convinzione che la libertà, come scrive nel Ponte dei corvi, sia “legata unicamente alla verità e alla carità nel senso profondo di amore del prossimo”, Maria Arata merita non solo di essere ricordata, ma anche studiata, perché capace con le sue parole e con la sua testimonianza di guidarci verso una nuova e più ampia interpretazione della Resistenza civile alla dittatura fascista.

Questo libro, tuttavia, trascende le parole stesse di Maria Arata, e grazie soprattutto alla ricca messe di documenti inediti conservati scrupolosamente dalla famiglia, tra i quali molte lettere e testimonianze, e pubblicati dalle due curatrici, ricostruisce la cornice, l’intero contesto, dove Il ponte dei corvi va collocato e anche si è generato.

Vi riconosciamo il clima persecutorio del Ventennio fascista, nel quale la famiglia Arata è stata costretta a operare, la faticosa rinascita culturale dopo la Liberazione, ma anche la dimensione più intima di Maria, nel suo difficile reinserimento nella vita famigliare e sociale dopo l’esperienza del Lager.

Ravensbrück rimase infatti il centro di tutta la seconda parte della sua vita, con il dialogo costante con le compagne di deportazione ritrovate, la memoria indelebile di quelle perdute, e la difficoltà a comunicare anche ai famigliari l’esperienza vissuta.

Maria incominciò a scrivere Il ponte dei corvi quando era ancora nel campo, raccogliendo testimonianze, materiali, oggetti, documenti, che le servivano per rimanere ancorata a quella realtà che voleva e doveva ricordare per sé e testimoniare all’esterno per come era stata.

Del Ponte dei corvi, uscito postumo nel 1979 a cura della figlia Giovanna, nel presente volume ritroviamo le premesse, gli sviluppi, ma soprattutto le ragioni».